Il tema del compenso degli amministratori di condominio è un tema particolarmente spinoso. La contrarietà dell’Unione Europea circa gli albi professionali ha probabilmente fatto tramontare la speranza di molti di poter costituire un albo di amministratori di condominio.
Qualche associazione di categoria in passato aveva, nonostante lo stop, tentato di portare avanti questa riforma. E’ stata bloccata dall’Antitrust.
A causa di una mancanza di riconoscimento giuridico non vi è la possibilità di emanare un tariffario che consideri le prestazioni di questi professionisti.
Data l’elevata concorrenza, il compenso diventa la discriminante in base alla quale l’assemblea orienta la scelta per il nuovo amministratore. In realtà, dietro tariffe basse, che sembrano molto vantaggiose per i condòmini, si nascondono, a volte, qualità scadente e “provvigioni” improprie sulle forniture.
Per determinare un compenso equo i criteri analizzabili per richiedere un equo onorario possono essere due:
- somma amministrativa annuale più un’aliquota e un minimo fisso
- impegno in termini di tempo richiesto
L’amministratore, dal canto suo, è tenuto, come afferma a l’articolo 1129, comma 14, del Codice civile «all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta» per garantire il più possibile trasparenza. Come afferma anche la legge 220/2012, Riforma del condominio, la fattispecie della nomina assembleare dell’amministratore di condominio si struttura come scambio di proposta e accettazione mediante un documento«dedicato» avente forma scritta, pertanto l’amministratore deve indicare il suo compenso chiaramente.
Federica Sesti Osseo