Il conflitto di interesse in condominio si verifica quando:
- C’è un sicuro e dimostrabile contrasto tra le ragioni personali del condòminio e quelle dello stabile
- L’interesse generale del condòminio concorra con il suo voto a determinare la maggioranza assembleare
Se uno dei punti all’ordine del giorno dell’assemblea ha come oggetto proprio la discussione e la delibera di un caso che implica il conflitto di interessi di un partecipante è diritto anche di quest’ultimo partecipare all’assemblea. Nessun condòmino infatti può esserne escluso.
Lo afferma il Tribunale di Bari nella sentenza dell’8 aprile 2019. Il Tribunale ha infatti sottolineato come il diritto di voto del condòmino in conflitto di interessi è cosa diversa dal <<computo delle maggioranze atte a rendere valide le delibere […] per cui non può farsi derivare semplicemente dalla mancanza del diritto di voto il venir meno del diritto ad essere convocato dall’assemblea, nè presumersi la carenza di interesse del condominio a partecipare comunque all’assemblea>>.
Il conflitto di interessi di un condòmino quindi non inficia la validità di una delibera assembleare, come afferma il Tribunale di Roma, sezione quinta civile del 12 marzo 2019 n. 5363. Secondo il Tribunale di Roma per rendere invalida la delibera occorre dimostrare la divergenza tra l'<<interesse istituzionale del condominio>> e le specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti. Deve quindi essere dimostrata la dannosità. E’ compito di chi ha iniziato il contenzioso dimostrare la lesività dell’apporto dato entro 30 giorni. «Soltanto se risulti dimostrata una sicura divergenza tra l’interesse istituzionale del condominio e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti e abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare, la deliberazione approvata sarà invalida. L’invalidità della delibera discende, quindi, non solo dalla verifica del voto determinante dei condòmini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio (e che, perciò, abbiano abusato del diritto di voto in assemblea), ma altresì dalla dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione. Il vizio della deliberazione approvata con il voto decisivo dei condòmini in conflitto ricorre, in particolare, quando la stessa sia diretta al soddisfacimento di interessi extracondominiali, ovvero di esigenze lesive dell’interesse condominiale all’utilizzazione, al godimento e alla gestione delle parti comuni del-l’edificio. In ogni modo, il sindacato del giudice sulle delibere condominiali deve pur sempre limitarsi al riscontro della legittimità di esse, e non può estendersi alla valutazione del merito, ovvero dell’opportunità, e al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei partecipanti» (Cassazione civile, sezionesesta, sentenza 13 novembre 2020, n.25680).
Infatti secondo quanto affermato dalla Cassazione (sezione II, sentenza 28 settembre2015, n. 19131) «nelle assemblee condominiali, le maggioranze necessarie per il “quorum” costitutivo e deliberativo sono stabilite in misura inderogabile: per il loro calcolo non rileva la situazione di conflitto di interessi tra condomino e condominio. Al condomino in questa situazione viene riconosciuta la facoltà di astenersi o di esercitare il diritto di voto, salva l’opportunità, per gli altri condòmini, di ricorrere all’autorità giudiziaria in caso di impossibilità di funzionamento del collegio o di mancato raggiungimento della maggioranza. Il principio maggioritario all’interno del condominio risponde a logiche specifiche che rendono inapplicabili per analogia le norme dettate peri quorum assembleari delle società di capitali».
Pertanto, secondo la Cassazione 19131/2015 e 1849/2018, <<le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio, sia ai fini di quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condòmini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono e non debbono astenersi dall’esercitare il loro diritto di voto>>.
La Cassazione ha stabilito che «nelle assemblee condominiali, le maggioranze necessarie per il “quorum” costitutivo e deliberativo sono stabilite in misura inderogabile: per il loro calcolo non rileva la situazione di conflitto di interessi tra condomino e condominio. Al condomino in questa situazione viene riconosciuta la facoltà di astenersi o di esercitare il diritto di voto, salva l’opportunità, per gli altri condòmini, di ricorrere all’autorità giudiziaria in caso di impossibilità di funzionamento del collegio o di mancato raggiungimento della maggioranza. Il principio maggioritario all’interno del condominio risponde a logiche specifiche che rendono inapplicabili per analogia le norme dettate peri quorum assembleari delle società di capitali» (Cas-sazione civile, sezione II, sentenza 28 settembre2015, n. 19131).
Non si può configurare come un conflitto di interessi il ruolo di direttore dei lavori affidato ad un condòmino scelto tramite votazione. Non c’è infatti nessuna finalità extracondominiale.
Di conflitto di interessi vero e proprio si parla quando l’amministratore di condominio è anche proprietario di una o più unità immobiliari e, in assemblea, deve essere votato il rinnovo del suo mandato. E’ bene a tal riguardo ricordare l’articolo 2377 del Codice civile che recita: «La deliberazione approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma del- l’articolo 2377 qualora possa recarle danno>>. E’ bene che in quel caso il condòmino in questione, che ricopre anche il ruolo di amministratore, si astenga dalla votazione.