Gli italiani amano più il riscaldamento autonomo da quello centralizzato. Lo dimostrano le numerose richieste di distacco dal riscaldamento condominiale. A poco è valsa
l’istallazione dei contabilizzatori di calore.
In alcuni casi però il distacco non è molto conveniente. In primis quando ci si trova di fronte ad un edificio con più di quattro unità abitative e con un impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW.
Il condòmino può decidere in qualsiasi momento di distaccarsi dal riscaldamento centralizzato, come afferma la Cassazione (5331/2012):
“Il condòmino può legittimamente rinunciare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le proprie diramazioni della sua unità abitativa senza necessità di autorizzazione e approvazione degli altri condomini. Fermo restando il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione se e nei limiti in cui il suo distacco non risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini”.
La legge 220/2012 ha sottolineato che:
“Il condòmino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri o aggravi di spesa per gli altri condòmini”.
Per distaccarsi come prima cosa è necessario fare una diagnosi energetica dell’edificio e dell’impianto che mette a confronto tutte le soluzioni proposte. Una diagnosi energetica non è la stessa cosa di una perizia tecnica che ha un costo anche molto inferiore. Il costo è a carico della persona che vuole distaccarsi dal centralizzato e il suo scopo è quello di rendere evidente quanto il distacco possa incidere economicamente sull’intero edificio.