Esistono due macrocategorie di riscaldamento: riscaldamento autonomo e riscaldamento centralizzato.
Sopratutto nei condomini del Nord Italia è molto diffuso il riscaldamento centralizzato.
Un appartamento che è dotato naturalmente di riscaldamento centralizzato può decidere di distaccarsi dalla caldaia condominiale e realizzare il proprio impianto autonomo. Nonostante questo distacco, il condòmino è tenuto a sostenere alcune spese per la ripartizione dei consumi involontari e anche per i costi gestionali. Lo afferma il Dlgs 102/2014 e la norma UNI 10200.
Secondo l’articolo 1118, ultimo comma, del Codice civile, «il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese perla manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma».
Il condòmino che si è distaccato deve continuare a pagare le spese per i consumi involontari, come per le esempio le “dispersioni” (come afferma anche il Tribunale di Savona nella sentenza n.115 del 10 febbraio 2022). Chi infatti ha un appartamento in un condominio con un riscaldamento centralizzato trae beneficio dalle dispersioni di calore delle unità contigue.
Può essere escluso, invece e infatti, dai costi relativi alla gestione del servizio di contabilizzazione del calore, dal momento che non fruisce del servizio.
Secondo l’articolo 1118 del Codice civile il condòmino in questione è costretto a pagare le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale anche quando, magari precedentemente, non abbia partecipato alle spese in questione e abbia offerto la prova che dal distacco non derivano né un aggravio delle spese di gestione né uno squilibrio termico.