Con il termine decoro architettonico si intende l’estetica dello stabile data dall’insieme di tutte le parti che lo costituiscono.
Per parlare di “decoro architettonico” l’edificio non deve avere necessariamente un pregio artistico, nè essere nel centro storico.
Secondo quanto ha affermato la Cassazione Civile nella sezione II, sentenza 16 del 2019 «è consentito l’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino anche per fini esclusivamente propri e di modo da trarne ogni possibile utilità, a condizione che ciò avvenga nei limiti indicati dall’articolo 1102 del Codice civile, ovvero che non ne sia alteratala destinazione e che venga consentito l’uso paritetico agli altri condòmini, anche nel caso in cui tale utilizzo tra tutti i soggetti non possa essere identico».
E’ bene sottolineare come l’utilizzo di un bene condominiale è soggetto al “decoro architettonico”, con il quale non si intende solo ciò che è visibile sulla facciata, ma tutto ciò che è visibile all’esterno. Il regolamento condominiale può anche proibire qualsiasi tipo di azione sulla facciata.
Per esempio, nella scelta degli infissi per sostituire quelli già esistenti il condòmino non può scegliere arbitrariamente quali scegliere, ma deve tener conto di quanto fatto precedentemente da altri condòmini. Gli infissi, pur essendo considerati proprietà individuale, sono comunque soggetti a questa restrizione. Lo stesso principio vale anche per le porte d’ingresso nonchè per i portoni dei negozi situati al piano terra.
Se c’è un’utilità applicata all’azione che viene portata avanti sull’edificio allora il mutamento estetico è spesso messo in secondo piano rispetto al fine virtuoso del lavoro, ma è sempre bene passare prima dall’assemblea di condominio, o su Condomani, per chiedere l’autorizzazione ad una qualsiasi azione visibile.
Essere una comunità, infatti, significa anche venirsi incontro su esigenze e bisogni.