Chi decide se il locale situato nel sottotetto può essere adibito a stenditoio collettivo o il giardino condominiale a parcheggio?
Il principio di base è che ogni condòmino ha diritto ad utilizzare le parti comuni senza alterarne la destinazione inizialmente pattuita e consentendo l’uso paritetico di tutti, anche nel caso in cui l’utilizzo non possa essere identico (Art. 1102 del Codice Civile).
E’ tutto scritto nel regolamento condominiale: ogni spazio comune ha la sua funzione. Sono vietati i cambiamenti che modificano del tutto la destinazione d’uso di un ambiente. Vietate sono anche tutte le modifiche che non rispettano il decoro architettonico o che pregiudicano la sicurezza del fabbricato.
Sono ammesse solo le modifiche che ottengono maggioranze molto ampie come i 4/5 dei millesimi o dei condòmini. L’articolo 1117-ter del Codice Civile, infatti, stabilisce al comma 1 come <<per soddisfare esigenze di interesse condominiale l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio può modificare la destinazione delle parti comuni>>.
Naturalmente affinché il cambio di destinazione d’uso sia valido deve essere indetta un’assemblea che specifica come punti all’ordine del giorno i suddetti cambiamenti. Essa deve essere convocata almeno 20 giorni prima, al contrario dei 5 normalmente previsti. L’avviso della convocazione della riunione deve essere inviato via raccomandata o posta certificata. <<La convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno di 30 giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno 20 giorni prima della data della convocazione>>. Nel comma 3 si sottolinea come <<la convocazione dell’assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso>>.
Come sottolinea il comma 5 <<sono vietate le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico>>.
L’assemblea e il regolamento possono definire l’uso e il godimento delle parti comuni, ma non possono stabilire un divieto di utilizzo, che può essere imposto solo da un regolamento contrattuale di tipo condominiale o da una convezione tra tutti i condòmini.
Per esempio secondo quanto affermato dalla Corte di Napoli nella sentenza 10 del 1999: «la norma del regolamento condominiale richiamato nei singoli atti di acquisto la quale preveda il divieto di parcheggiare le autovetture nel cortile del condominio, non limitandosi a disciplinare soltanto l’uso e il godimento di una parte comune del fabbricato, ma incidendo nella sfera dei diritti soggettivi di ciascun condomino, ha natura di norma contrattuale, come tale modificabile solo con il consenso unanime dei condomini». Per ottenere il divieto di parcheggio, quindi, è necessario il consenso unanime di tutti i condòmini.
Ben diversa è la situazione per il cambio destinazione d’uso di beni in proprietà esclusiva.
Se il regolamento condominiale non lo vieta, il condòmino interessato può precedere alla pratica rispettando però il divieto di impedire il pari uso di beni comuni ad altri (articolo 1102 del Codice Civile), il divieto di alterazione del decoro architettonico (articolo 1120) e il divieto di compromettere la stabilità e la sicurezza dell’edificio (articolo 1122).
In alcuni casi se viene modificata la destinazione d’uso dei beni in proprietà esclusiva è necessario modificare anche le tabelle millesimali, sopratutto se si passa, per esempio, da deposito ad abitazione (Articolo 69, comma 1, n. 2, delle disposizioni di attuazione delCodice civile).